L’ elevato tasso di inflazione europeo continua ad avere un impatto reale su chi lavora e su chi è in cerca di impiego. Sebbene la Banca Centrale Europea preveda un lieve calo dell’inflazione in paesi come Italia, Francia e Germania essa viaggia ancora intorno al 6%, dunque ben al di sopra dell’obiettivo 2% fissato dalla BCE. Una situazione che sta influenzando notevolmente le priorità e le scelte di carriera dei lavoratori.
Il sondaggio, condotto da PageGroup, società internazionale di recruiting, ha rivelato infatti che solo il 4% degli italiani non ha risentito della difficile situazione economica, mentre la stragrande maggioranza ha dichiarato di aver sofferto in particolare gli aumenti legati a generi alimentari e bollette. Malgrado queste difficoltà finanziarie, oltre la metà dei partecipanti (62%) ha affermato di non aver ricevuto alcuna variazione di stipendio nel corso degli ultimi 12 mesi.
«L’inflazione», ha precisato Tomaso Mainini, managing director di PageGroup «ha un impatto notevole anche sulle aziende che, a causa delle difficoltà economiche e dei limiti di budget, spesso non riescono a prendere provvedimenti concreti per aiutare i dipendenti. Ma se non è così semplice offrire un adeguamento di stipendio, è possibile però ricorrere a strumenti che aiutano e fare la differenza in un momento difficile e complesso per tutti. Per esempio, è possibile dare un’indennità per coprire l’aumento dei costi dei beni di prima necessità, ma anche offrire benefit non monetari (orari flessibili, lavoro da remoto), che possono migliorare sensibilmente la vita quotidiana delle risorse, senza però incidere sui profitti. È possibile, inoltre, investire in piani di formazione ben strutturati per coltivare una forza lavoro preparata e competente. Io consiglio, indipendentemente da quali strategie si metteranno in campo, di puntare su chiarezza e onestà, elementi fondamentali per favorire un sentimento di fiducia nei dipendenti».
A caccia di nuova occupazione
A fronte del persistere dell’inflazione, il 41% degli intervistati afferma di essere alla ricerca di un nuovo impiego che offra loro maggiori possibilità di guadagno, un altro 34% sta diventando più flessibile nella ricerca del lavoro, prendendo in considerazione ruoli che prima non avrebbe mai considerato. Sorprendentemente solo il 18% ha cercato di utilizzare l’aumento del costo della vita come moneta di scambio per negoziare stipendi più elevati nel corso dell’ultimo anno e solo il 5% ha avuto successo in queste negoziazioni.
Non affrontare il tema stipendi in questo delicato momento «può rendere l’azienda meno attraente a potenziali candidati, soprattutto in un’epoca in cui, secondo i lavoratori, solo un terzo delle imprese sta adottando ulteriori misure per combattere attivamente gli effetti dell’inflazione», avverte Mainini. «Quella che stiamo vivendo potrebbe, dunque, essere un’occasione da non sottovalutare per differenziarsi sul mercato».
La trasparenza, secondo il manager, è davvero una delle carte vincenti per un’azienda e i numeri lo confermano: quasi 9 persone su 10 ritengono che le imprese, durante il processo di recruitment, dovrebbero essere più limpidi riguardo alle proprie politiche salariali, incluso il modo in cui intendono adeguare gli stipendi al costo della vita.