Lethian Zang, professore di Business Administration ad Harvard, si è preso la briga di leggere 35 milioni di job posting on-line, 1 milione di annunci di ricerca di personale sui giornali, 6 milioni di CV e mezzo milione di commenti da parte di potenziali candidati nel periodo tra 2007-2021. Obiettivo? Tratteggiare l’identikit del moderno manager, evidenziando come è mutato nel tempo il suo ruolo. Dall’analisi è emerso che le offerte di lavoro manageriali che richiedevano capacità ed esperienza di collaborazione sono aumentate di tre volte tra il 2007 e il 2021.
Al contrario, le offerte di lavoro che includevano capacità di supervisione sono diminuite del 23%. L’uso di frasi collaborative negli annunci di lavoro sui giornali è cresciuto del 15% tra il 1980 e il 2000. Prima del 1980, i riferimenti alla collaborazione erano scarsi. Il numero di curriculum manageriali che riportano esperienze di supervisione è diminuito dell’8% tra il 1985 e il 2015, mentre quelli che evidenziano la collaborazione sono aumentati del 37%. I riferimenti ai compiti di supervisione nelle recensioni di Indeed.com sono diminuiti del 22%, mentre i riferimenti alle capacità di collaborazione/lavoro di squadra sono cresciuti del 28%. Ergo, come sintetizza Zhang: «Non abbiamo bisogno di comandanti di eserciti, ma di allenatori di pallacanestro, di veri e propri coach».
Pochi riescono a essere davvero collaborativi
Nozione che, a dire il vero, sappiamo da tempo. Oggi ai manager viene richiesta capacità di collaborazione e cooperazione, due elementi essenziali per costruire un rapporto di fiducia con le persone del team. Del resto, in passato i manager dovevano risolvere problemi complicati, che richiedevano una profonda conoscenza tecnica. Ora, però i problemi sono diventati complessi: da qui l’importanza di saper collaborare con gli altri per poterli risolvere.
Peccato che, come ha detto sulle pagine del Sole24ore Paolo Gallo, executive coach, autore e conferenziere, «anche se tutti hanno interiorizzato questo concetto, pochi sono quelli che riescono a tradurlo in azioni concrete con autentiche modalità di collaborazione. Collaborare per costruire fiducia è un investimento che deve essere fatto non perché convenga in quel momento, ma perché valutiamo la relazione più della transazione e del potenziale vantaggio immediato. In altre parole dare una mano a una persona in difficoltà oppure dare tempo e rispetto indipendentemente dal vantaggio economico immediato a una persona è un investimento che darà – magari non subito – grandi ritorni anche in termini di reputazione e relazioni. Collaborare inizia da qui».