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Stando ai numeri diffusi dall’Istat la produzione industriale made in Italy è calata del 3,5% nel corso del 2024, e l’RTT (Real Time Turnover Index, che rappresenta l’andamento del fatturato deflazionato e destagionalizzato), lo scorso gennaio ha registrato una debole crescita dello 0,2%, del tutto insufficiente ad avvicinarci ai livelli del 2021. Peraltro, il 50% delle imprese prevede per il 2025 un andamento stabile e solo il 30% una crescita. Per il comparto dei servizi (turismo compreso), l’RTT è addirittura in calo del 2,7%. Una situazione di stallo, dunque, tanto che molte aziende si stanno interrogando su come migliorare la loro produttività interna.
Nel tentativo di supportare le nostre imprese l’Osservatorio Jointly Balance ha realizzato una ricerca dalla quale è emerso che l’ascolto organizzativo, inteso come la capacità del management di costruire relazioni di lungo termine basate sulla fiducia con i propri collaboratori utilizzando strumenti come: supporto psicologico, ideazione di percorsi ad hoc per la gestione dello stress, la comunicazione efficace, il miglioramento delle relazioni interpersonali, la gestione del conflitto, lo sviluppo delle competenze di leadership, il bilanciamento vita-lavoro e la gestione del cambiamento organizzativo, si rivela una scelta efficace per raggiungere l’obiettivo perché riduce le difficoltà personali, relazionali e professionali dei dipendenti, incidendo positivamente sulla produttività e sull’engagement.
«I dati dell’Osservatorio Jointly Balance» , ha detto Francesca Rizzi, cofondatrice e Ceo di Jointly, «mostrano che percorsi strutturati di ascolto organizzativo possono migliorare il benessere emotivo e la gestione dello stress all’interno delle aziende, con effetti positivi anche sull’impegno dei dipendenti».
I numeri lo confermano: tra coloro che hanno seguito un percorso di counseling strutturato, la percezione di difficoltà nello sviluppo professionale è scesa dal 12% all’8,2%. Le problematiche relazionali sono diminuite dal 15% all’11%. Ma soprattutto, è aumentata la consapevolezza dell’importanza delle relazioni interpersonali nel generare disagio.
Manager al banco di prova
E in un mondo del lavoro dove i confini tra ufficio e vita privata diventano sempre più labili e dove, spesso, le difficoltà personali si trasferiscono in ufficio, trasformandosi in tensioni, conflitti e insoddisfazione, per i manager si aprono nuove sfide e nuove responsabilità perché sono proprio loro i principali promotori del benessere organizzativo.
Per questo le aziende dovrebbero investire maggiormente su di loro con l’obiettivo di creare un ambiente di lavoro capace di attrarre e trattenere talenti. Secondo lo studio, quando i dipendenti hanno la possibilità di esprimere liberamente il proprio punto di vista su situazioni e modalità di affrontarle, si sentono ascoltati. E questo migliora la loro performance lavorativa.
Investire nel benessere mentale ha anche un impatto economico concreto. Secondo un’analisi condotta da Jointly in collaborazione con The European House – Ambrosetti, una strategia di corporate wellbeing ben strutturata può portare a un incremento del 20% della produttività. Tuttavia, l’aspetto importante non riguarda solo il ritorno economico, ma anche il cambiamento culturale. Un’azienda che si limita a rimborsare le sedute di counseling si esclude dal processo. Affrontare il disagio, piuttosto che delegarlo, significa trasformarlo in un’opportunità di progettualità condivisa. Significa dotarsi di strumenti di ascolto continuo e, soprattutto, formare i manager affinché non siano semplici esecutori di procedure, ma attori attivi di un nuovo contratto psicologico tra azienda e dipendente.