AI & GENDER GAP

(Immagine Freepik)

L’Intelligenza artificiale migliorerà o peggiorerà il gender gap? Una risposta certa per ora non esiste. Quello che si sa per certo è che al momento il settore delle nuove tecnologie è prevalentemente gestito, implementato e costruito soprattutto da uomini così come è altrettanto certo che l’AI può diventare una delle leve sulle quali fare forza per incrementare l’empowerment femminile. Un tema caldo che richiama l’attenzione di ricercatori accademici e non solo. Un esempio arriva dal nuovo studio dell’ AXA Research Lab on Gender Equality dell’Università Bocconi intitolato Threat and Opportunity? The Impact of AI on women, firmato da Kenza Elass e Paola Profeta. 

Luci e ombre sul mercato del lavoro

Per quanto riguarda l’impatto dell’Intelligenza artificiale sul mercato del lavoro e sull’occupazione femminile la ricerca evidenza luci e ombre.  Come si sa l’arrivo dell’IA influenzerà i tassi di (dis)occupazione in tutto il mondo. Perché se da una parte si assiste alla nascita di nuove figure e professioni, dall’altra la “segregazione” di genere, già esistente ma particolarmente radicata in alcuni settori, ne verrà interessata. Inoltre, come segnalano le ricercatrici, per quanto non sia ancora chiaro verso quale direzione andrà questo impatto, alcuni studi indicano che il 18% dei posti di lavoro potrebbero essere automatizzati dall’IA; in particolare le occupazioni nel retail e nei servizi – proprio quelle a maggioranza femminile. All’opposto, aumentano gli impieghi legati direttamente alla tecnologia, dagli specialisti di intelligenza artificiale ai data scientists – settori e profili a (grande) prevalenza maschile.

Notano però le autrici che «I limiti dell’IA nelle competenze sociali e nell’intelligenza emotiva potrebbero creare una domanda di ruoli in cui l’interazione umana, l’empatia e la comunicazione sono fondamentali. Questi aspetti prevalgono nelle professioni a prevalenza femminile come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e la consulenza».

Recruiting,  dubbi di equità

Altro ambito osservato dallo studio è il recruting. Durante le selezioni dei cv, gli strumenti “automatici” dell’intelligenza artificiale possono migliorare ed efficientare i processi. Ma, come riporta un articolo pubblicato su Alley Oop (Sole24 Ore) ,il loro utilizzo solleva preoccupazioni rispetto all’equità delle scelte. Infatti se l’AI ha il potenziale di funzionare con meno pregiudizi rispetto ai professionisti umani e quindi ridurre i gap uomo-donna nella selezione dei candidati, allo stesso tempo «può rinforzare gli stereotipi di genere. Per esempio, le risposte ai prompt “descrivi un amministratore delegato tipo” non fanno mai riferimento a una donna.

Non solo. Nei curriculum generati dall’IA, alle donne è assegnato in media quasi un anno di esperienza in meno rispetto agli uomini, in particolare rispetto agli uomini bianchi. Inoltre, lo strumento «spesso enfatizza la professionalità e la flessibilità per gli uomini, mentre evidenzia i compiti non promuovibili per le donne».

Per contrastare rischi simili è importante promuovere ricerche che includano le prospettive di genere; implementare algoritmi e strumenti di intelligenza artificiale “gender neutral” e includere la diversità nei team di sviluppo e nei dataset utilizzati. Ma servirebbe anche costruire programmi di formazione inclusivi perché forse come mai prima, oggi abbiamo l’opportunità e il bisogno della partecipazione di tutti – ragazzi e ragazze – all’innovazione.

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