IL LAVORO DEVE FARCI SENTIRE BENE

(Immagine di freepik)

54%. Questa la fetta dei candidati che rifiutano una proposta di lavoro in fase di selezione. Un trend che inevitabilmente va ad aggravare il mismatch tra domanda e offerta su cui pesa anche la percentuale di neoassunti che decidono di lasciare l’azienda dopo un brevissimo periodo di tempo (come riporta il 17% delle imprese). Ad essere più inquieti sono i più giovani, «sempre alla ricerca di un lavoro dove stare meglio», ha spiegato Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Hr Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano, che recentemente ha presentato un’indagine sui temi dominanti della gestione delle risorse umane. «Chi fa parte della GenZ non si preoccupa nemmeno di interrompere un percorso professionale durante la fase di induction, quella in cui si viene inseriti in azienda». Del resto il rapporto con il lavoro è cambiato, soprattutto fra i più giovani. Oggi «Nel lavoro si cerca un benessere economico e mentale, in cui la flessibilità nei tempi e luoghi è fondamentale. È necessario quindi ripartire dalle basi per costruire un nuovo approccio orientato alla felicità, che preveda insieme giusto riconoscimento, flessibilità, work-life balance, inclusione, valorizzazione, employability», ha precisato Corso.

Il benessere viene prima dei soldi

In particolare nel campione considerato quest’anno dalla ricerca dell’Osservatorio del Polimi, solo il 9% dei lavoratori dice di stare bene al lavoro in tutte le dimensioni del benessere: fisico, psicologico e relazionale. «Questo vuol dire che quasi nove persone su dieci vivono una condizione di malessere», commenta Corso. Il che significa bassa motivazione e basso engagement, problema non a caso particolarmente sentito dalle nostre imprese anche perché alla lunga impatta sulle performance. Un lavoratore poco soddisfatto del lavoro che fa tende a lavorare male e ad assentarsi spesso. E infatti, sempre secondo la ricerca del Polimi, un lavoratore su tre non si è presentato in ufficio almeno una volta nell’ultimo anno per motivi di stress o ansia. Quello del benessere sul posto di lavoro è un tema caldissimo anche perché risulta essere il primo motivo di dimissioni, seguito dalla retribuzione e dalla flessibilità di orario. Nel 2023, invece, la prima ragione era la retribuzione, seguita da flessibilità e benessere.

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