Le principali critiche mosse dagli italiani al lavoro? Scarse prospettive di carriera e livelli di impegno e stress troppo elevati. A dirlo è l’indagine Italian Lives (Ita.Li) promossa dall’Istituto IASSC del dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca, che si basa su un campione misto di lavoratori per un totale di 9mila individui residenti in 280 Comuni di tutta Italia.
I dati raccolti, infatti, dicono che il 54,4% considera scarse le prospettive di carriera, il 56,2% ritiene che il lavoro lo impegni molto fisicamente e il 59,3% si sente sotto pressione per ritmi e scadenze temporali. Tra le varie conseguenze ci sono l’innalzamento di infortuni e incidenti sul lavoro, e la grande quantità di posti vacanti nonostante le numerose offerte di occupazione. Tendenza, quest’ultima, confermata anche dal bollettino Excelsior di settembre, realizzato da Unioncamere con Anpal, in base al quale dei 531mila profili di offerte di lavoro, ben il 48% resterà vacante.
I punti deboli delle aziende
A confermare gli alti livelli di stress e di preoccupazione dei lavoratori è anche un altro rapporto firmato da Qualtrics, società americana specializzata in soluzioni di experience management. Lo studio ha raccolto le impressioni di circa 29mila addetti aziendali di 27 Paesi (di cui circa mille in Italia) evidenziando i punti deboli di molte organizzazioni in materia di gestione e valorizzazione delle proprie risorse umane.
In un quadro così complesso, diventa strategico per le aziende mettere a punto strategie di engagement mirate per i dipendenti. Il management è quindi chiamato a uno sforzo che va nella direzione di aumentare il tasso di “retention” dei collaboratori attraverso un’opera di allineamento di valori fra gli stessi addetti e l’organizzazione nel suo complesso, che non a caso rappresenta uno dei principali deterrenti (insieme alla possibilità di imparare nuove skill o di sviluppare le competenze esistenti e all’opportunità di carriera), per evitare la fuga dei cervelli. In base al rapporto, infatti quando i lavoratori sentono di far parte di un’organizzazione di cui condividono i valori, nell’80% dei casi restano in azienda per almeno tre anni.